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Libro aperto, un uomo ci passa sopra, i mirtilli rotolano via

Sono andata nel bosco a non fare nulla: è stato bellissimo (Parte 2)

Nel mio ultimo post ho raccontato di come sono rimasta affascinata dal concetto di «bagno nella foresta».

Ho voluto scoprire cosa si nascondeva davvero dietro. È una semplice moda che qualcuno ha inventato per fare soldi? Eppure esistono anche libri sul Shinrin-yoku, il cosiddetto «bagno nella foresta» giapponese; esiste un’accademia tedesca per i bagni nella foresta e ultimamente anche corsi per la formazione di istruttori, una sorta di «bagnini delle piscine forestali».

Un articolo pubblicato nel 2018 in «ZEIT Wissen» mi ha dato qualche dritta in più [https://www.zeit.de/zeit- wissen/2018/03/waldbaden-natur-heilung-gesundheit-japan/komplettansicht]: ho scoperto che, soprattutto in Giappone e Corea del Sud, le virtù terapeutiche degli alberi sono apprezzate da molto tempo. Le università offrono una specializzazione in medicina forestale, esistono programmi di ricerca sovvenzionati a suon di milioni che studiano gli effetti sulla salute dei bagni nella foresta, per non parlare dei «Forest Bath Park» e delle «Natural Recreation Forest».

È possibile che dietro a queste passeggiate nel bosco sovvenzionate dallo Stato non si celi solo un motivo altruistico, ma anche l’obiettivo capitalistico di rendere la società ancora più efficiente. A prescindere dalle motivazioni, l’esperienza non cambia nella sostanza: la foresta e la natura in generale ci fanno bene. Dagli anni Ottanta si sa che i pazienti in ospedale hanno bisogno di meno analgesici e guariscono più rapidamente se la finestra della loro stanza si affaccia su un parco piuttosto che su una parete di cemento.

Il biologo evolutivo Edward O. Wilson coniò il termine «biofilia» per indicare questo amore verso tutto ciò che è vivente: secondo lui, siamo geneticamente predisposti ad amare la natura. L’articolo succitato sulla rivista «ZEIT» menziona Qing Lizi, professore di immunologia ambientale a Tokyo. Insieme a colleghi giapponesi e coreani ha dimostrato come una breve e rilassata passeggiata nel bosco influisca positivamente sulla nostra salute: fa aumentare il numero di cellule killer (che rafforzano il sistema immunitario) e diminuire la pressione sanguigna, il cortisolo e il battito cardiaco.

Perché sia così, non è ancora chiaro. Dipende forse dalle essenze profumate della foresta? O dalla vista del verde? Forse, semplicemente, il bosco ci richiama alcuni ricordi felici dell’infanzia?

È tempo che gli effetti delle foreste sulla salute siano studiati anche in Europa, anche per capire se querce, faggi e betulle abbiano forse un effetto diverso dai pini, cedri e allodole giapponesi. Seguirò i risultati con interesse, anche se non mi servono ricerche per credere nella forza del bosco. Non importa se l’effetto è psicologico o farmacologico.

Cosa faccio quando devo staccare un poco la spina, ma non mi trovo vicino a una foresta, ve lo racconto nel mio prossimo post, la terza e ultima parte dedicata al «bagno nella foresta».

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